Il significato della letteratura nei secoli

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La letteratura ha un significato profondo e duraturo che ha attraversato i secoli. È un’arte che ha influenzato e plasmato la società in modi significativi, offrendo un’immensa ricchezza di conoscenze, emozioni e prospettive sul mondo. Nel corso dei secoli, la letteratura ha fornito uno specchio della condizione umana, riflettendo le speranze, i sogni, le paure e le sfide che ogni generazione ha affrontato.

Fin dalle antiche epoche, la letteratura ha agito come un veicolo di trasmissione della conoscenza e della cultura. I primi testi scritti, come le epopee epiche e le mitologie, hanno consentito alle storie e ai valori di una civiltà di sopravvivere nel tempo e di essere tramandati alle future generazioni. Questi racconti hanno plasmato l’identità culturale di intere società, offrendo un quadro dei loro miti fondativi, dei loro dei e delle loro leggende eroiche.

Durante il periodo classico dell’antica Grecia e di Roma, la letteratura ha raggiunto nuovi livelli di raffinatezza e complessità. I drammi di Eschilo, Sofocle ed Euripide, insieme alle opere di poeti come Omero e Virgilio, hanno affrontato temi profondi come l’amore, l’onore, la giustizia e il destino umano. Questi autori hanno contribuito alla formazione del pensiero filosofico e hanno influenzato la cultura e la politica delle loro epoche.

Nel Medioevo, la letteratura è stata fortemente influenzata dalla religione e dalla tradizione orale. Le epopee cavalleresche, come il ciclo arturiano e il poema epico Beowulf, hanno rappresentato i valori della cavalleria, dell’onore e del sacrificio. La letteratura religiosa, come i testi biblici e le opere di mistica, ha fornito una guida spirituale e morale per i fedeli.

Con l’avvento dell’era moderna, la letteratura ha assunto una nuova forma esplorando temi sociali, politici ed esistenziali. I grandi romanzi del XIX e XX secolo, come “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, “Crimine e castigo” di Fëdor Dostoevskij e “Il grande Gatsby” di F. Scott Fitzgerald, hanno fornito una finestra sulla psicologia umana e sulle dinamiche sociali. Questi lavori hanno offerto riflessioni profonde sull’amore, l’identità, la lotta di classe e l’alienazione.

Negli ultimi decenni, la letteratura ha continuato a evolversi, abbracciando nuovi generi, stili e tematiche. La letteratura postmoderna ha sfidato le convenzioni tradizionali, esplorando la complessità del linguaggio e la frammentazione della realtà. L’autofiction e la narrativa postcoloniale hanno dato voce a voci marginalizzate e hanno contribuito a una maggiore rappresentatività e diversità nella letteratura.

Il significato della letteratura nei secoli è stato quello di offrire un’opportunità di riflessione critica, di esplorazione dell’umanità e di connessione tra le persone. La letteratura ci permette di immergerci in mondi immaginari, di vivere le vite di personaggi diversi e di sperimentare emozioni e situazioni al di là della nostra esperienza personale. Essa ci sfida a esplorare nuove prospettive e ci aiuta a capire meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.

In conclusione, la letteratura ha attraversato i secoli come un’arte fondamentale che ci connette con il passato, ci spinge ad affrontare le sfide del presente e ci offre una finestra sul futuro. Attraverso la letteratura, continuiamo a scoprire nuove verità, ad ampliare la nostra conoscenza e a esplorare la nostra umanità con una profondità e una comprensione sempre crescenti.

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Il passeggero – Cormac McCarthy

Sono di parte perchè il vecchio Cormac è il mio mito. Il passeggero è un romanzo che scava ancora più in profondità nell’animo umano. La moltitudine di uomini soli e perdutamente solitari del mondo di McCarthy trova il suo epilogo. La trama non è fondamentale, ma è solo il pretesto per la messa in scena del protagonista e dei suoi demoni interiori. Western incontra vecchi amici e da ognuno distilla pillole di saggezza. Alcune scene vi entreranno nelle viscere e direte “come mai nessuno prima ha descritto questa cosa?”. Ci sono frasi scolpite nella pietre: “siamo dieci percento biologia, novanta percento mormorio notturno” che solo chi ha conosciuto la solitudine può capire. Schegge impazzite: “lui è uno che esce dalla doccia per pisciare”. Il vecchio Cormac è del ’33 e in Autunno uscirà “Stella Maris” che è il contrappunto de “Il passeggero”. Probabilmente sarà l’ultima uscita e quel giorno applaudiremo l’uomo, lo scrittore e il suo modo di raccontarci come siamo fatti.

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Il Conte di Montecristo

Se il protagonista di questo romanzo avesse piazzato una pallottola in fronte ai suoi avversari non avremmo avuto 1000 e oltre pagine del conte di Montecristo. Non avremmo avuto personaggi epici, inseguimenti nella notte parigina e avventura. Dumas mette in scena una vendetta, ma non una vendetta qualsiasi, bensì la madre di tutte le vendette. Pensata, calcolata e limata nei minimi particolari per rendere giustizia al povero protagonista. Certo, molto aiuta l’immenso patrimonio “donato” dall’abate Faria, eppure sono convinto che il Montecristo avrebbe costruito la propria vendetta anche in caso di ristrettezze economiche. Tutto arriva a compimento come calcolato, anche se all’ultimo c’è un barlume di pentimento e dove ci si aspettava il bagno di sangue la bontà del Conte si mette di lato lasciando l’avversario al proprio destino.

Il conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo) è un romanzo di Alexandre Dumas, scritto in collaborazione con Auguste Maquet, la cui pubblicazione a puntate iniziò nel 1844. È parzialmente ispirato a fatti reali, presi a prestito dalla biografia di Pierre Picaud. Il libro racconta come, al debutto del regno di Luigi XVIII, il 24 febbraio 1815, il giorno in cui Napoleone Bonaparte abbandona l’isola d’ElbaEdmond Dantès, un giovane marinaio di diciannove anni, primo ufficiale di bordo della nave commerciale Le Pharaon, sbarca a Marsiglia per fidanzarsi il giorno successivo con Mercedes, una bella donna catalana. Tradito da amici gelosi, egli è denunciato come cospiratore “bonapartista” e rinchiuso in una cella del Castello d’If, al largo di Marsiglia. Dopo quattordici anni, prima ridotto alla solitudine e alla più nera disperazione e poi rigenerato e istruito in segreto da un compagno di prigionia, l’abate Faria, Dantès riesce a evadere: prende possesso d’un tesoro nascosto sull’isola di Montecristo, del quale l’abate, prima di morire, gli aveva rivelato l’esistenza. Ormai ricco e potente, Dantès si fa passare per diversi personaggi: l’abate Busoni, Lord Wilmore e, infine, il conte di Montecristo. Attraverso queste tre identità, il protagonista consuma metodicamente la propria vendetta, ripagando i propri nemici – quelli che lo hanno accusato a torto e fatto imprigionare – della loro stessa moneta, intromettendosi nelle loro vite, fingendosi amico e distruggendole dall’interno, come in una sorta di contrappasso dantesco. Mentre garantisce la felicità e la libertà a quei pochi che gli son restati fedeli.[1]

Questo romanzo è, assieme a I tre moschettieri, una delle due opere più conosciute di Dumas, sia in Francia che in Italia e nel mondo. Fu prima pubblicato in feuilleton sul Journal des débats dal 28 agosto al 19 ottobre 1844 (1ª parte), dal 31 ottobre al 26 novembre 1844 (2ª parte), poi dal 20 giugno 1845 al 15 gennaio 1846 (3ª parte).

La storia è ambientata tra l’Italia, la Francia e alcune isole del Mar Mediterraneo, durante gli anni tra il 1815 ed il 1838 (dall’esordio del regno di Luigi XVIII di Borbone al regno di Luigi Filippo d’Orléans). Romanzo dalla forte valenza emotiva, oltre che affresco della storia francese ed europea del XIX secolo, negli ultimi 170 anni non ha mai smesso di appassionare e avvincere i lettori.

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Non è successo tutto di colpo.

Un tempo c’era un pannello all’ingresso del reparto con i nomi dei degenti e le stanze. Era semplice per chi aveva voglia di leggere e la pazienza di scorrere l’elenco per trovare il proprio parente. Il pannello aveva una struttura in metallo e i nomi erano scritti a mano e in stampatello per permettere a tutti di trovare il proprio risultato. Poi la gente ha iniziato a perdere la pazienza. Non deve essere successo tutto di colpo come quando un uomo esasperato scende dalla propria auto e inizia a prendere a martellate le auto dei vicini, oppure quando nelle riunioni condominiali uno impazzisce e prende a pugni l’amministratore. Deve essere successo lentamente. Ci sarà stato un signore con un orologio costoso al polso che avrà chiesto all’infermiera dove si trovava la moglie. L’infermiera avrà letto il nome sul pannello e avrà indicato la stanza. Poi è arrivata una donna con dei tacchi rumorosi e un mazzo di fiori. I fiori erano profumati e avvolti in una carta che faceva un suono stridulo e sgradevole e con la stessa voce stridula e sgradevole avrà chiesto all’infermiera dove si trovasse la stanza della sua migliore amica. L’infermiera, anche questa volta, avrà letto il nome sul pannello e indicato la stanza. Forse tutto è iniziato quando un signore sopra gli ottanta, con le sue scarpe di cuoio e il filo dell’apparecchio acustico appoggiato sulla spalla, si sarà avvicinato all’infermiera. A quel punto, anche senza attendere la domanda, la ragazza avrà chiesto il nome del degente e avrà indicato la stanza. Infine si sarà inceppata la stampante, avranno smesso di scrivere i nomi e anche l’infermiera avrà capito che, durante le ore di ricevimento dei parenti, il posto migliore dove farsi trovare non era più all’ingresso del reparto, ma nella sala relax insieme alle altre colleghe.

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Il volto di pietra

L’effige è maestosa, ti guarda con i suoi occhi spiritati e sembra dirigere il traffico tra il piccolo vicolo e il vicolo minuscolo. Un tossico si alza dal gradino, sbatte la schiena contro la serranda del negozio e percorre quattro passi con un fazzoletto di carta tra le dita. Si avvicina e lo deposita lentamente a terra come fosse una reliquia o un dono al Dio dello spaccio. Il volto scavato nella pietra e poi cementato sull’angolo del palazzo osserva sdegnato. I maledetti del comune gli hanno piazzato un cestino proprio sotto il mento e quel tossico, quel miserabile sconfitto dalla vita, non ha neppure la delicatezza di usarlo. No, lui getta lo sporco a terra come se qualche essere umano più compassionevole, domani o in un futuro che non appartiene a nessuno, troverà la forza di sollevare il fazzoletto e depositarlo nel cestino. La vita è stupida, pensa il volto scavato nella pietra, pensa con tutta la potenza del pensiero che può avere un minerale nato libero e ingabbiato in qualcosa di più elevato.

Un tipo elegante con una ventiquattrore si ferma, estrae il telefono dalla giacca e prende l’arteria di sinistra. Quella con le luci appese che non si accendono di notte. Il tipo non lo sa che di notte è tutto buio, lui sa che da quelle parti c’è un certo ufficio con un certo avvocato che sbrigherà certe carte. Non mi ha riconosciuto, pensa il volto di pietra. L’odore di aglio, il rumore sordo dei passi, la musica che esce dalla finestra sopra la farmacia, il ringhio di un cane che si prende un calcio sul costato e fugge. Niente impensierisce il volto nella pietra. Mario guarda la schiena del tipo che scompare a sinistra e si ferma, infila le mani in tasca e insacca il collo nella camicia. C’è da aspettare qualche minuto prima di farsi avanti. Mirco era all’imbocco con Piazza Rovetta. Anche lui con le mani nelle tasche del giubbotto e lo sguardo fisso nella vetrina del bar. Aspettava, c’era solo da aspettare e l’orario dell’appuntamento era già passato da venti minuti. Tre studenti uscirono dal bar e lo aggirarono. Mirco era in mezzo alla strada, si portò a ridosso del muro e guardò il display del cellulare.

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Incontriamoci

Siamo pronti, finalmente. La voglia di incontrarci e parlare della nostra passione preferita è inarrestabile. Contro il Codiv, contro il logorio della vita moderna e contro tutte le convenzioni che ci vogliono affievoliti davanti alla TV.

Noi siamo “scrittori in libertà”, aspettiamo altri scrittori liberi, narratori di storie e semplici innamorati della vita.

Martedi 7 Marzo vi aspettiamo.

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L’ultimo spettacolo

Uno di quei romanzi che ti lasciano con il fiato sospeso non per la suspense del thriller, ma per quella tristezza di fondo per la gioventù che fugge. I protagonisti sono scolpiti nella roccia, eppure fragili e malleabili alle asperità della vita. Sonny siamo tutti noi, spettatori a volte e altre volte protagonisti nostro malgrado. Hanno definito questo romanzo lento, non sono d’accordo. Alcune scene rimarranno per sempre nel mio cuore e non perchè sia una storia sdolcinata, anzi. I ragazzini che fanno sesso con le bestie perchè è così che si cresce nella provincia americana. Il ragazzo che si arruola in Corea perchè è cosi che fanno tutti quando vogliono dimenticare l’amore.

Grazie Larry per questo romanzo.

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Una finissima precisazione sul Mondiale Subbuteo 1970

Tra le mie pubblicazioni c’è “il Mondiale Subbuteo 1970“. Si tratta del resoconto del primo campionato del Mondo di Subbuteo giocato nel 1970. Per chi segue la storia di questo gioco si tratta di un momento storico dove si sono incrociati giocatori mitologici, personaggi leggendari e icone di questo gioco. Ne ho tratto un breve libro grazie agli appunti di Christian Spreng.

Dopo una lunga chiacchierata con Fabrizio Sonnino, esperto di storia del Subbuteo, siamo giunti alla considerazione che erano necessarie delle puntualizzazioni. Fabrizio ha scritto un post assolutamente ben strutturato sulla pagina Facebook di Italia Subbuteo che riporto di seguito:

Con questo post si inaugura la, nelle intenzioni, bonaria e costruttiva, e, spero, gradita a tutti, autori compresi, lettura critica di alcuni testi sulla “storia dell’attività agonistica del calcio da tavolo”.

La prima opera presa in esame è “Il Mondiale di Subbuteo 1970”, scritta da Flavio Firmo nel 2019.

Secondo le fonti (testimonianze orali e scritte, documenti, articoli, foto) in mio possesso queste le principali difformità e\o necessarie rettifiche che ho riscontrato nel testo.

Nel titolo (e poi anche nel testo):

In primo luogo di sappia che l’evento di Londra dell’agosto del 1970, organizzato da Waddington’s (con la collaborazione della federazione inglese di allora, l’English Table Soccer Association, ma non di Adolph) fu pensato e pubblicizzato come mero torneo internazionale di calcio da tavolo.

Solo retroattivamente i produttori inglesi (a partire, pare, forse dal ’74, ma sicuramente prima del ’78) vollero attribuire a quella competizione lo status di primo mondiale.

Nel testo:

data nel 1923 la nascita Newfooty, ma, più diffusamente si legge altrove come più probabile 1925-27;

prime “federazione” nazionali furono nel ’34 NPA (Newfooty players association) e nel ’47 TSPA (table soccer players association) e solo poi nel 1948 quella del Belgio;

l’affermazione che nel ’70 esistevano vari produttori non trova riscontro. È noto che solo più tardi, dal ’76-’77, ETSA (scaduto il brevetto Waddington’s) produsse (quasi certamente solo basi per) flat (e così pure gli svizzeri), mentre già prima, Newfooty nel 1961 e, poi, Crestling (sempre di Keeling) nel 63, erano scomparse;

Non fondata la notizia che nel ’70 esistevano solo le flat. Dal ’61 si producevano quelle che oggi distinguiamo come OHW e dal ’67 le HW;

La liberalizzazione dei materiali non è riferibile agli anni 2000, ma al ’92, quando, tra febbraio e maggio, fu prima presentata e poi approvata, divenendo un pilastro della neonata FISTF*;

Tra i massimi esponenti europei del table soccer di allora che aderirono a Londra ’70, è bene precisare che il Czarkowski citato era, ovviamente, il padre Gunter, Peter il figlio 16enne, fu quello che poi vinse il torneo;

non vi fu mai una produzione Waddington’s di basi più piatte per assecondare l’introduzione della lucidatura.

Piuttosto fu che, tra le diverse basi in commercio, frutto dei diversi stampi delle fabbriche, chi poteva, sceglieva quelle più adatte al nuovo, e più efficace, stile “dritto”;

tuttavia, i girelli coesistevano, nel repertorio degli agonisti, con gli agganci rettilinei.

Quindi i colpi ad effetto non rimasero patrimonio dei semplici amatori.

Semmai lo stroncamento si ebbe dall’adozione dell’Astropitch, che, più liscio, complicò l’esecuzione dello “spinning”;

Non furono gli inglesi a cessare la produzione nel 2000, o giù di lì, ma gli americani, che dall’estate 1994 avevano rilevato i diritti di produzione;

la facilità di effettuare pallonetti con le basi con smusso non portò come conseguenza il ricorso a portieri più grandi.

Smusso e portieroni furono innovazioni coeve;

la FISCT organizza anche tornei federali ufficiali di tradizionale ormai dal 2015;

Nelle schede coi nomi dei partecipanti:

risulta che a giocare a Gibilterra non fossero poi pochissimi.

Inoltre, si tenga presente che già alla fine degli anni ’60 Waddington’s aveva aperto una fabbrica lì, come pure a Barcellona, tuttavia la Spagna non ebbe rappresentanti al torneo;

Goldman figurava come nazionale israeliano, ma era un inglese israelita;

i fratelli Elul erano, sì, espressione del movimento maltese, ma la nascita della federazione in quel paese è del 1974;

dei due americani presentati solo uno prese parte alla manifestazione.

Adesso basta con gli “appunti” poiché mi preme è mi piace chiudere con l’apprezzamento per il lavoro di Firmo, che, in ogni caso, ci ha regalato un prezioso scritto.

In esso ha ben descritto l’ambientazione (la sala principale della cerimonia di apertura, il seminterrato delle gare), gli orari precisi di inizio dei singoli eventi e, in particolare, ci ha fatto vivere l’atmosfera di quel momento, facendo capire la recalcitranza di quasi tutti i campioni del tempo all’uso obbligatorio delle HW (per loro pupazzetti per bambini, i “grassocci” chiamavano quegli omini).

Alcuni convinti a “deporre” le flat solo a colpi di volo, vitto e alloggio pagati dall’organizzazione.

Altri che non vollero rischiare brutte figure, e un discreto gruppetto che accettò di mettersi in gioco.

A tutti questi, come racconta l’autore, “… un ragazzo di 16 anni li fece tornare sulla terra” (l’adolescente tedesco Peter di cui più sopra).

Inoltre, in alcune pagine trovate i risultati completi – per la prima volta tornati disponibili dopo 50 anni – di quella kermesse che, torneo internazionale o mondiale che sia, assegnò per la prima volta il trofeo John Waddington.

Ringraziando Flavio, che mi ha promesso che interverrà qui a commento, anche per parlarci di una possibile riedizione, riveduta e corretta, del suo libro, invito tutti a dire la loro.

Sperando di aver fatto cosa gradita saluto.

Sportivamente, Fabrizio Sonnino.

* ma a p. 4 ci viene giustamente fatto notare che, per dirla sempre alla Flavio Firmo:” nel 1964 Marius Schild [primo vincitore del campionato europeo ETF n.d.r.] vinceva con delle flat insaccando in porte in ferro. Nel 2016 il campione Carlos Flores realizzava la rete della vittoria in una porta del tutto simile a quella dell’antico fuoriclasse olandese.

In mezzo c’è mezzo secolo di storia”

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona e il seguente testo "1s SUBBUTEO INTERNATIONAL TABLE SOCCER TOURNAMENT SAVOY HOTEL LONDON ENGLAND SUBBUTED TABLE SOCCER 22-23 AUG 1970 OFFICIAL PROGRAMME"

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Intelligenza, cultura, astuzia

Certe volte, anzi spesso, quando frequento i bassifondi o le alte sfere sento una gran confusione su certi titoli. Quello è molto intelligente, ha fatto i soldi. Sarebbero molti gli esempi, proprio oggi ne ho sentite di belle al mercato…

Facciamo però un riepilogo dei termini secondo il vocabolario.

L’intelligenza è stata definita in molti modi: capacità di astrazionelogicacomprensioneautoconsapevolezzaapprendimentoconoscenza emotivaragionamentopianificazionecreativitàpensiero critico e risoluzione dei problemi. Più in generale, può essere descritta come la capacità di percepire, inferire o dedurre informazioni e di conservarle come conoscenza da applicare verso comportamenti adattivi all’interno di un ambiente o di un contesto.

Il termine cultura deriva dal verbo latino colere, “coltivare“. L’utilizzo di tale termine è stato poi esteso a quei comportamenti che imponevano una “cura verso gli dei“, da cui il termine “culto” e a indicare un insieme di conoscenze. Non c’è univocità degli autori sulla definizione generale di cultura anche nella traduzione in altre lingue e a seconda dei periodi storici.

astùzia s. f. [dal lat. astutia, der. di astutus «astuto»]. – 1. Sottigliezza d’ingegno, con cui si riesce abilmente a volgere a proprio vantaggio situazioni sfavorevoli (in genere, sinon. di furberiascaltrezza): l’adi quell’uomo è straordinariaha un’avolpinaci supera tutti in a.; l’aè l’arma dei deboliha messo in opera tutta la sua astuzia. Nella filosofia hegeliana, adella ragione (ted. List der Vernunft), il fatto che la Ragione che governa la storia del mondo si serve degli scopi particolari e caduchi degli uomini come strumenti per realizzare i suoi proprî fini. 2. L’accorgimento, l’espediente a cui si ricorre, l’atto o gli atti che si compiono impiegando tale qualità: vincerepenetrareriuscire con l’a.; sono le solite adegli avvocatiè ricorso alle più sottili apur di spuntarla. ◆ Dim., non com., astuziéttaastuziòla (per lo più nel sign. 2).

A questo punto mi sento di riassumere che: l’intelligenza e l’astuzia sono capacità innate, mentre la cultura viene acquisita con il sapere e lo studio. Quindi le prime due parti sono insite fin dalla nascita, anche se l’astuzia si affina tramite le esperienze. Spesso i due valori si bilanciano. Tutte le persone che ho conosciuto e analizzato potevano essere o l’una o l’altra, non ho mai conosciuto una persona che fosse contemporaneamente intelligente e astuta. Forse l’astuzia si può anche chiamare “furbizia”, quella capacità di rischiare facendosi scudo del proprio istinto e di quel “profumo” di strada giusta che l’uomo sente nell’aria.

La cultura, quindi, non ha nulla a che fare con la capacità di farsi strada nella vita. Dalle mie esperienze ho notato che l’arricchirsi in maniera rapida è caratteristiche di persone con scarsa cultura, come se l’aver acquisito molte nozioni fosse un freno alla capacità di gettarsi nelle avventure più redditizie. Forse, ma dico forse, chi ha molto studiato nella vita ha perso la voglia di rischiare oppure vede nella ricchezza un valore sbagliato.

Tornando all’astuzia credo che questa, più dell’intelligenza, sia adatta a chi vuole fare soldi e ricchezza in poco tempo. L’intelligente, di solito, è un pensatore più profondo. La persona intelligente valuta tutte le strategia, pesa e contrappesa ogni passo e cerca nelle esperienze del passato la conferma alle proprie azioni.

L’astuto si butta, è istintivo e nella maggior parte dei casi riesce al primo colpo dove gli altri falliscono

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Il ritorno del vecchio Cormac

Non ho mai nascosto la mia passione per Cormac McCarthy. Il suo stile secco, le storie vere e profondamente senza morale e chi più ne ha ne metta. L’amico viaggia per gli 88 e, pur augurandogli una lunga vita prosperosa, siamo tutti consci che ogni uscita potrebbe…ok non ne parliamo. Veniamo alla notizia.

Il prossimo autunno usciranno negli Stati Uniti due nuovi romanzi dello scrittore americano Cormac McCarthy: si intitolano The Passenger e Stella Maris e saranno pubblicati dalla casa editrice Alfred A. Knopf a un mese di distanza, rispettivamente il 25 ottobre e il 22 novembre, e poi in un cofanetto insieme il 6 dicembre, in vista delle feste di Natale. In Italia usciranno per Einaudi nel 2023 e saranno tradotti da Maurizia Balmelli, già traduttrice di Suttree, il romanzo semi-autobiografico dello scrittore.

Questo recita il post in un articolo di Marzo.

Il romanzo è già in pre-order su tutti i siti e in Italia si stima l’uscita per Dicembre.

McCarthy, che ha 88 anni, è considerato tra i più grandi scrittori americani viventi ed è noto soprattutto per Non è un paese per vecchi, adattato al cinema dai fratelli Coen, e per La strada, diventato anche un film diretto da John Hillcoat, con protagonista Viggo Mortensen.

La strada, una storia post-apocalittica sulla lotta per la sopravvivenza di un padre e un figlio uscita nel 2006, ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa e ha fatto conoscere McCarthy al grande pubblico (soltanto in Italia ha venduto 300mila copie); è l’ultimo romanzo che ha pubblicato, 16 anni fa. Da allora sono uscite più volte notizie su un lungo romanzo che stava scrivendo che si sarebbe chiamato The Passenger, e che per questo era molto atteso.

I due libri raccontano la storia dei fratelli Bobby e Alicia Western, legati da un rapporto ossessivo e dal peso della figura paterna, un fisico che aveva contribuito a sviluppare la bomba atomica.

The Passenger è lungo circa 400 pagine, è ambientato nel 1980 a New Orleans, in Louisiana, ed è incentrato su Bobby Western, un sommozzatore che, nell’esplorare i resti di un aereo precipitato al largo del Mississippi, scopre che sono scomparsi la scatola nera, la borsa del pilota e il corpo di uno dei passeggeri. Il mistero dell’aereo finisce per assorbirlo mentre riaffiorano i ricordi tormentati del padre e della sorella.

Stella Maris invece è dedicato ad Alicia Western; la vicenda si svolge otto anni prima, nel 1972, in una clinica psichiatrica in Wisconsin dove alla ragazza, una ventenne dottoranda in Matematica, viene diagnosticata la schizofrenia. Il volume è lungo 200 pagine ed è la trascrizione delle sedute tra Alicia e l’analista: «è un formato che permette a Cormac di esplorare le ossessioni di Alicia che, da quel che capisco, sono le stesse ossessioni di Cormac. È un libro di idee», ha spiegato Jenny Jackson, sua editor da Knopf.

I due libri sono lontani dai temi e dalle ambientazioni per cui McCarthy è noto, come gli Stati Uniti del Sud e dell’Ovest, la violenza, la vendetta, l’ineluttabilità del male e il conflitto tra l’individuo e la repressione dell’autorità: qui, scrive il New York Times, «il tema è più cerebrale: la storia della matematica e della fisica, la natura della realtà e della coscienza, se religione e scienza possano coesistere, e la relazione tra genio e follia»; come ha detto anche l’editrice di Knopf, Reagan Arthur, «esplora elementi di filosofia e alcune delle grandi questioni della vita in modo più diretto».

È anche la prima volta che McCarthy sceglie una protagonista donna. Nel 2009, parlando del suo prossimo romanzo, aveva raccontato al Wall Street Journal che «questo lungo libro parla soprattutto di una donna. […] Era da 50 anni che avevo in mente di scrivere di una donna. Non sarò mai abbastanza competente per farlo ma a un certo punto bisogna anche provare». In quella stessa intervista McCarthy aveva raccontato che il libro era «ambientato quasi tutto a New Orleans attorno al 1980. Parla di un fratello e di una sorella. Il libro inizia con lei che si è suicidata e racconta di come lui affronti la situazione. Lei è una ragazza interessante».

Da quell’intervista il libro divenne noto come “il romanzo di New Orleans” e McCarthy alluse alla sua lavorazione più volte fino a quando nel 2015 venne organizzata una lettura pubblica di alcuni brevi stralci in sua presenza. Si tenne al Lensic di Santa Fe, in New Mexico, organizzato dal Santa Fe Institute, un ente di ricerca di cui lo scrittore fa parte, e fece pensare che la pubblicazione fosse imminente. Da allora però sono passati sette anni, durante i quali McCarthy ha scritto la sceneggiatura di The Counselor – Il procuratore, un film diretto da Ridley Scott nel 2013, e un saggio sul linguaggio pubblicato nel 2017 sulla rivista scientifica Nautilus.

All’epoca, in realtà, aveva già consegnato a Knopf la bozza completa di Stella Maris e in parte di The Passenger: l’editore è riuscito a preservarle da fughe di notizie e furti di manoscritti per tutto questo tempo.

Knopf ha dovuto anche decidere come pubblicare i romanzi: se in un unico volume, in due volumi diversi ma nello stesso giorno o a un anno di distanza. Alla fine si è deciso di pubblicarli separatamente a un mese di distanza per «consentire ai lettori di leggere ognuno ma anche garantire la soddisfazione di comprendere le corrispondenze tra i due», ha spiegato l’editrice Arthur al New York Times.

Ognuno verrà stampato in copertina rigida con una tiratura iniziale di 500mila copie, mentre il cofanetto che uscirà a dicembre ne avrà 50mila. Anche le copertine sono state disegnate dal grafico Chip Kidd in modo da richiamarsi l’una con l’altra.

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